La Cannara
UNA TRADIZIONE DI PESCA SULLE RIVE DELLO STRIDOLONE

Nel passato rurale di Proceno, la pesca non era un passatempo, ma una necessità. Gli abitanti del borgo scendevano al torrente Stridolone per procurarsi il pesce da portare in tavola, vendere o barattare. Un’attività semplice ma essenziale, che aiutava a sostenere l’economia domestica in tempi difficili.

Tra gli strumenti più antichi utilizzati per la pesca tradizionale a Proceno, spicca la cannara: un ingegnoso attrezzo realizzato con canne intrecciate e legate con vinchi, che formavano una trappola a imbuto. La cannara veniva posizionata in zone del fiume poco profonde ma con una buona corrente, e lasciata in acqua durante la notte. I pesci, attirati dalla corrente, finivano al suo interno e non riuscivano più a uscire.

Questa pratica, diffusa lungo lo Stridolone, è oggi ricordata anche attraverso un detto popolare legato a una vicenda tramandata nel borgo. Si narra che, durante un temporale, un uomo si aggrappò alla sua cannara mentre la piena del fiume lo trascinava via. Invece di mollarla, urlò:

Addio Proceno, ma la cannara nun la lasso!
Una frase diventata proverbiale, simbolo dell’attaccamento a ciò che dava sostentamento e dignità.

La cannara non è solo un attrezzo scomparso, ma una traccia concreta della storia locale di Proceno, del rapporto con l’acqua, e delle forme di sussistenza che hanno segnato la vita quotidiana di questo angolo della Tuscia viterbese.

IL CANNAROLO

Quando il cannarolo inventò la CANNARA da tutto il paese fu criticato,

poi vedendo il risultato

tutti quanti l’hanno copiato.

Infatti, nelle case, pesce fritto, pesce arrosto o marinato,

companatico assicurato.

Ma il cannarolo a notte piena,

mentre controllava la CANNARA

fu investito dalla piena;

si guardò intorno e capì che per lui non c’era scampo.

Abbracciò la CANNARA e rivolto verso il paese

urlò come un pazzo, dicendo:

“Addio Proceno ma la CANNARA nu’ la lasso”.

 

 



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